Nuvole su capo Maleas |
L'unico giorno 'decente', quello anche
da cui provengono le foto che sono state pubblicate in precenza, è stato il
primo, per il resto...meglio lasciar perdere.
Andato via il sole, l'ambiente assume un
aria abbastanza spettrale; incombono queste alte colline dove anche
un refolo di vento si tramuta in un piccolo boato (lascio immaginare
una forte raffica), l'aria che si respira non è comunque da meno: un
ristorante aperto con pochi commensali, tanti quanto possono essere
gli equipaggi delle barche alla fonda che non possono fare a meno di
andare a terra ogni qualvolta ci riescono e un paio di camper che non
rimangono neanche la notte. Unica escursione possibile: la chiesetta
in cima ad una ripida strada che non dice nulla di che, non è ne
bella , ne antica, ne nulla. Monica ha descritto e 'sentito' questo
posto sin dal primo momento, lo spiegherà per bene quando
pubblicherà la sua versione.
Bene, siamo costretti, come scrivevo, a
rimanere qui contro il nostro desiderio di andare via. Meno male che
il portolano dice che non è riparata solo dai venti da SE e
anche dando un occhiata dal 'vero' così sembra. Previsioni, come
sempre alla mano, danno venti un po' instabili da O SO e per la
seconda notte in aumento fino a 30 nodi con raffiche a 35. La barca
dietro di noi se ne va e ne approfittiamo per dare ancora catena,
visto che il fondo non è un buonissimo 'tenitore'. L'ancora 'tiene',
ovviamente per scrupolo rifacciamo la prova. Siamo solo tre barche:
noi, Paolo il veneziano e un ragazzo alcolizzato che vive e staziona
al bar/ristorante con un ketch fissato ad un corpo morto. Della
serie: 'Quelli Che...' qui ero, qui rimango, qui finirò i
miei giorni anche se ogni mattina, come racconta anche il nostro
amico Luigi Ottogalli nel suo libro “Rotta a Zig Zag” a riguardo
di altri personaggi simili, si alza e guarda il mare per vedere se
l'indomani potrà salpare....e mò gli passa...
Verso le 10 suona l'allarme ancora, ci
precipitiamo fuori e constatiamo che stiamo arando.. ok, succede. Io
al timone, Monica all'ancora per salpare e ripiantarla più avanti;
già 60 metri su 8 di fondale mi sembrava abbastanza....
Ed ecco che si scatena il putiferio: il
vento gira a SE, si alza onda e si stabilizza sui 40 nodi abbondanti.
Nel tentativo di salpare l'ancora, visto che non potevamo dare più
catena altrimenti ci sedevamo ad un tavolo del ristorante Monica, io
e il Jonah, questa pensa bene di scarrellare dal barbotin... non si
può neanche 'filare per occhio' perché il grillo che la tiene è
troppo in tensione (nota 1: sostituire il grillo con uno in
tessile...tranciabile).
Ara anche Paolo, e cominciano le danze
mentre il vento decide che 'si può dare di più' e passa sui 50 e
oltre.
Motore, motore, motore..se avessi
potuto dare due giri di 'manetta'... con l'altra barca che danzava
insieme a noi in quello spazio ristretto. Dall'esterno potevamo
sembrare due ballerini impegnati in una danza “Sufi”, io (e
Paolo) cercavamo di non andare a scogli, a riva, sopra i due miseri
peschereccini degli autoctoni e, ovviamente, addosso l'uno all'altro.
Come da copione le nostre ancore hanno fatto conoscenza e, per
fortuna, hanno deciso di andare a conoscere l'ancora a grappino di
uno dei suddetti, il che a fatto si che le danze sono finite, mentre
ancora il vento ci dava oltre i 40; ovviamente in tutto questo,
l'allarme, che ha un suono veramente da “Autodistruzione avviata” ,
urla ininterrottamente (nota 2: lo cambierò...)
Il Jonathan si è fermato esausto, noi
più di lui, vicino al ketch, ma proprio vicino, con il bulbo che
ogni tanto sfiorava la sabbia, ma senza un graffio; mentre Paolo ha
avuto la peggio rompendo il reggi asse dell'elica.
Mattina dedicata a sbrogliare le catene
e le ancore, resettare il gran casino formatosi in coperta e pronti a
passare la terza notte con previsioni simili. Notte con due ancore
ripiantate, 80 metri di catena e poi vento a non più di 24 nodi...
Viene venerdì e, grazie al cielo, le
previsioni ci danno la possibilità di lasciare questo antro dantesco
che ha fatto di tutto per non lasciarci andare ritardando la partenza
di tre quarti d'ora ingarbugliando le due catene delle nostre ancore:
colpa mia in effetti, afforcate troppo vicine quando invece il vento
ha girato di oltre 180 gradi da una parte e dall'altra per tutta la
notte facendo un paio di giri alle catene.
Anche se scrivo con un pò di sano umorismo, non vi nascondo che abbiamo sudato freddo. Noi non abbiamo solcato i sette mari, non abbiamo trillioni di miglia alle spalle e neanche un bagaglio di ventennale esperienza. Una nota positiva è che, pur rischiando che sopraggiungesse, il panico non ha avuto buon gioco e direi che è stato decisamente fondamentale.
Anche se scrivo con un pò di sano umorismo, non vi nascondo che abbiamo sudato freddo. Noi non abbiamo solcato i sette mari, non abbiamo trillioni di miglia alle spalle e neanche un bagaglio di ventennale esperienza. Una nota positiva è che, pur rischiando che sopraggiungesse, il panico non ha avuto buon gioco e direi che è stato decisamente fondamentale.
Relitto a Diakofiti, fuori dal porto |
Ma non è finita qui: stanchi, muscoli
KO e un po' (tanto) scossi dallo scampato disastro decidiamo,
considerato sempre che in questi giorni la direzione del vento non è
molto attendibile, di fermarci ridossati ad est dell'isola di Kythira
dentro o appena fuori il porto commerciale di Diakofti (36° 16',2 N
- 23° 04',6 E). Sorpresa: l'ancora anche qui si rifiuta. Non
'rifiuta' nel senso che fa finta di far presa e poi, facendo una
retro di controllo, speda...no...rimbalza come se provassimo ad
ancorare in una piscina piastrellata. Dopo circa un chilometro di
catena data e recuperata in diversi punti gettiamo la spugna e
facciamo rotta verso Kapsali (36°08'.6 N - 022 59.9 E) per un totale
di 55 miglia.
Finalmente la Dea Tiche guarda giù e
ci fa trovare un posto libero (su due) al molo che ha poco più di 50
metri utili con dieci riservati alle emergenze. Ormeggio all'inglese
sotto un sole finalmente caldo come Elios comanda. Passiamo in
capitaneria dove una gentilissima ragazza ci stacca una ricevuta di
ben 18 euro per i due giorni 'almeno' che decidiamo di fermarci e
quando chiediamo: “ Se poi, per vari motivi ci fermiamo di più?”
- risposta : “Potete fermarvi anche un mese, non preoccupatevi,
a posto così”.
Paese molto carino, molto probabilmente
deve la sua fortuna (per quanto riguarda il popolo marinaro) al libro
di Giacon, mi sa che prima poco o nulla c'era anche leggendo quanto
scrive lui. E' praticamente la 'molto bella copia' di Kayio;
solare, esclusivamente turistico, ma in modo 'serio' e gentilissimi.
Zero turisti, anzi, solo una orchestra di archi che sabato sera terrà
un concerto nel teatro di questo paese, al quale noi non mancheremo
:-)
Si ripartirà appena si potranno fare le 60/70 miglia in pace verso Creta dove faremo, a dispetto del programma iniziale, la costa nord. Sosta tecnica e culturale e Chania (Salpa ancora da riallineare).
I motivi di questa scelta, già presa a Pylos, ve li spiegheremo nel prossimo post.
Tutto e' bene quel che finisce bene. Fumatevi un sigaro e non pensateci piu' ... :-)
RispondiEliminaStiamo aspettando l'occasione giusta, non mancherà la foto, stanne certo!
EliminaBe, più occasione di così? Naturalmente a bocce ferme ;-)
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