venerdì 30 agosto 2013

Il gioco della caccia all'ancora




Questo gioco è molto in voga nei porti come quello vecchio di Kos, si gioca tutti insieme, sia barche che motoscafi e contribuisce a far si che tutti si sentano uniti e mettano da parte le ancestrali antipatie. Ha inoltre il vantaggio le 'dimensioni non contino' yacht e barchette partecipano con la stessa chance di vincere, l'altra particolarità divertente risiede nel fatto che i giocatori possano passare da una squadra ad un altra senza che perda di interesse.
Si gioca così: prima di tutto ci si divide in due squadre, ovviamente miste, la prima composta da chi è già ormeggiato chiamata 'GIATO'' e da chi deve ormeggiare chiamata 'DEVE'. Inizio del gioco - Prima manche: verso sera la squadra 'DEVE' si predispone nello specchio d'acqua antistante alle banchine difese dalla squadra 'GIATO' e ronza come un calabrone davanti ai pochi posti liberi; lo spirito di squadra fa si che tutti quelli 'GIATO'' si lancino a prua e comincino a intonare il noto mantra 'allontanatorio' rivolto a chiunque passi con l'ancora a 'penzoloni' pronta per esser calata troppo vicino alla sua catena o presunto punto dove giace tranquilla la propria ancora. Questo mantra, anche noto come 'la sfiga te la prendi tu' viene cantato a bassissima voce nella direzione del proprio vicino (alla faccia dello spirito di squadra...) e suona così "nonquinonquinonquinonquinonquinonquinonqui". Il round raggiunge l'apice quando uno della squadra 'DEVE' si lancia, come nelle ultime yards per la meta decisiva del Superbowl, verso il posto individuato, si gira di culo verso la banchina come il calcio volante di Bruce Lee e cala l'ancora mentre con una retro violenta si imbuca all'ormeggio. A questo punto grida di gioia si alzano dalle prue lontane e accese discussioni se il 'lancio è valido' o no, se l'ancora è sulla propria o su quella del vicino, si animano tra le barche contigue al vincitore.La prima parte del gioco finisce quando tutte le barche della squadra 'DEVE' hanno trovato la loro casella e passano di diritto nella squadra 'GIATO'.

I punteggi: Si contano le 'parole' rivolte dalle prue dei giocatori della squadra 'GIATO'; valgono tutte le lingue, le frasi più comuni pochi punti, molti punti le più creative. Esempio: "Hai buttato l'ancora sulla miaaaaa!" (vale pochissimo) "Neanche gli ormeggiatori dello stretto di Hormuz saprebbero far peggio! (vale medio perché nessuno sa chi sono e perché siano così incapaci) "Aho! Ma perché nun te compri n'ancora galleggiante che fai meno danni?" (vale tanto).
Un coefficiente di punteggio aggiuntivo viene dato a chi corre per più volte dal pozzetto alla prua senza avere infortuni.
Seconda manche: Questa parte vede rimescolarsi i giocatori e ridefinirsi le squadre che cambiano di nome: 'Non salpo' e 'Salpo, ma non ti dico quando'.
Alla mattina si inizia ed il gioco sale di difficoltà perché nessuno sa chi si schiererà da una parte o dall'altra. Si aggiungono strategie di false partenze e giochi di logoramento psicologico da parte della squadra 'Salpo ma non ti dico quando' che costringe i giocatori della squadra avversa ad un pre-allarme costante senza poter scendere a terra. Uno dei trucchetti più in voga è quello di mettere in moto, andare al salpa ancore e ..... tendere un pelino la propria catena, chiudere e spegnere il motore. Questa manovra chiamata anche 'il bastardo' riduce di molto la resistenza psicofisica dei vicini appartenenti all'altra squadra, ma non bisogna abusarne perché esiste una buona percentuale che le maledizioni incrociate vadano a buon fine.

Per cui alla mattina si gioca tutti insieme, nessuno assente a farsi i fatti propri. Si entra nel vivo, dopo una schermaglia di 'parto, non parto' finalmente il primo decide di fare outing e inizia la prima mossa. Altra corsa a prua, mentre una ambulanza di pronto soccorso ortopedico è pronta con una betoniera di gesso in banchina per gli infortunati che non riescono ad arrivare incolumi a prora, il gioco entra nel vivo.
Le prime mosse si svolgono sotto un silenzio di tomba interrotto solo dal rumore della catena che piano piano si riavvolge..clickclickclick..CLAK! Dal silenzio di tomba si passa ad una atmosfera tipo Profondo Rosso... chi sarà la vittima? L'urlo straziante del proprietario della catena 'agganciata' dall'altro concorrente svela il mistero. Tutta la squadra del 'Non Parto' allora si fa unita e inizia la sequenza di consigli 'esperti' dai vari Paul Cayard che si intrecciano in una babele di lingue, facile distinguere le voci più isteriche dalle altre...cosa dicano non è dato sapere, ma comunque è inutile.  Dalle barche più lontane, invece, un borbottio di 'non si fa così, lo dicevo io, ma perché non è andato avanti?, che roba... ora rimane li per un mese, non ce la fa, doveva andare in dietro, ai miei tempi quando si andava a remi.... Siccome è un gioco molto coreografico, ecco che entrano in scena gli acrobati e i Big Jim presenti su ogni barca: meglio del circo! Gente a penzoloni dal pulpito di prua che tenta a mani nude di scavallare una ancora di 200kg dello Yacht da 40 metri dalla sua catenella che lo stesso yacht usa per i tappi dei lavandini, gente calata in acqua con un piede legato ad una drizza e armata di cannelli'acetilene, mimi degni allievi di Marcel Marceau che da prora danno indicazioni a chi è al timone su come fare.... e... finalmente l'urlo: LIBERAAAAAA!




Vince chi rimane incolume e, come nel film Highlander: ne rimarrà uno solo.
Anche per questa manche viene attribuito un punteggio aggiuntivo a chi è il più veloce a scendere a terra e ad attaccare il proprio cavo elettrico e la canna dell'acqua all'utenza lasciata libera sperando di trovarvi del credito residuo, un po come quando da ragazzi schiacciavamo il bottone nelle cabine telefoniche sperando che un gettone rimasto inutilizzato cadesse nelle nostra mani.

domenica 18 agosto 2013

Rotta NE per ora. Il deserto dell'Egeo

Chora Astypalea
Alla fine abbiamo fatto rotta su Astypalea ed è stata la scelta giusta, è bastato aspettare il momento giusto per salire con vento e mare favorevoli, sfatando così il primo dei tanti stereotipi sulla Grecia che vuole la navigazione da Creta sul difficile mare di Karpatos. In mare trovo la pace, le vele


verso Lipsi
del Jonathan piene di vento, i blu ovunque sopra e sotto, è un equilibrio splendido che va col suono dello scafo a fendere le onde veloce macinando miglia su miglia, a volte mi sembra che potrei non fermarmi mai, arrivare dall'altra parte del mondo. Mi sono chiesta perché quest'armonia defluisce appena mi avvicino a terra e viene sostituita
Thomas e moni a spasso per Lakky
da una sorte di ansia, penso a Odisseo e mi sembra di capire perché s'è perso, perché non sapeva più dov'èra. Queste isole sono tutte ugualmente brulle, scogli dove non cresce nulla, una terra dura e desolata e la sua gente sembra aver perso sulla strada del tempo la memoria di se stessa, so che tu
vista dalla Chora
ami moltissimo questi posti, per me non è scoppiato l'amore, non come è successo in Turchia e se penso a baie e spiagge da sogno mi si riempiono gli occhi di verdi foreste rigogliose che per chilometri finiscono sull'oceano, i colori vividi pieni della natura: l'oro nell'anima del sud america. Sono certa di vedere solo l'ombra di ciò che questo paese doveva
Klima Samos
 essere trent'anni fa ma forse siamo tutti più tristi. Comunque Astypalea è decisamente bella e affascinante con una vista mozzafiato dall'alto della Chora tipicamente bianca e azzurra ben diverso dal povero paesino di Lakki a Leros:
immagina un set
La Turchia vista da Samos
cinematografico abbandonato, un film sull'architettura fascista mai finito, molto meglio stare sempre in rada anche perché fino ad ora tutte le isole che abbiamo visitato, i paesi, i villaggi esistono e vivono solo ed esclusivamente in funzione dei turisti anche e soprattutto le più piccole, bisognerà vedere da qui in poi come sarà, ora che agosto finisce e inizieremo a scendere finalmente verso Marmaris.



lunedì 12 agosto 2013

Le discese ardite e le risalite


Dopo la discesa ardita sino al trentacinquesimo parallelo e quasi un mese e mezzo passato a Iraklion, molliamo gli ormeggi per risalire il Dodecanneso togliendoci dalla zona dove il Meltemi imperversa notte e giorno.
Un po di pazienza, come diceva il marinaio vicino a noi, e la finestra per risalire la troverete.
Nel frattempo ci raggiunge Thomas, amico 'virtuale' fino ad ora, ma con ottime referenze da parte di Luciano di Piazza Grande (in navigazione in queste acque proveniente da Istambul), per accompagnarci nei tratti più impegnativi di questo viaggio che, se gira male e le previsioni 'cannano', il piano 'B' richiede 24 ore in mezzo a venti non proprio ragionevoli. Come dice Luigi Ottogalli, “bisogna adeguare la navigazione in base ai propri mezzi e alla propria esperienza”. Il “mezzo” non ha di certo problemi in questo frangente e a noi, una mano in più ci fa molto comodo.
Thomas
Thomas si dimostra un ottimo compagno di viaggio, unico problema è che, se non stiamo attenti, il timone se lo porta persino in cuccetta, ma in compenso Ambrogio (il pilota) ne approfitta per farsi una settimana di sci estivo sullo Stelvio.
Si parte tra qualche vera lacrimuccia salutando gli amici ed un posto che era diventato quasi 'casa' con rotta 040° verso Astipalaia (36° 32'N- 26° 21'E). Contro ogni consiglio degli amici velisti italiani, veterani da oramai tre, otto anni in questi mari, ci fidiamo delle indicazioni dei velisti locali evitando di andare ad est verso Karpathos luogo famoso per i suoi venti poderosi e mari agitati di cui non abbiamo nessuna voglia di fare conoscenza e da cui poi la risalita sarebbe stata ancora più lunga. Si salpa verso le cinque di mattina nella finestra temporale che si è aperta e sperando che ciò che ci avevano paventato dall'Italia (cento miglia di bolina durissima, il Jonathan che si smonta ecc ecc) non si avveri e cosi fu: 100 miglia con vento apparente dai 60 ai 90 gradi, gentile e cordiale; ultime 3 ore a motore...

Non vi sto a raccontare il bello ed il brutto delle isole che abbiamo visitato, ne è pieno il mondo della carta stampata e del web con tutte le possibili e probabili dissertazioni soggettive; di tutte le nostre tappe vale la pena solo di dare una breve descrizione omni comprensiva: parecchio turismo, belle baie battute da raffiche catabatiche che rendono poco rilassante il soggiorno, belle baie rovinate da musica assordante e belle baie e basta.
Da Astipalaia, dove comunque i 25 e rotti nodi in baia si sentivano eccome anche di notte, 'voliamo' a Kalimnsos (36° 56'N- 26° 59'E), ancora più a est ed un po più a nord, poi rotta verso Leros (37° 07'N- 26° 51'E) con un'altra stupenda veleggiata.
Diciamo che a noi piace veleggiare senza stress; risalire il vento con un angolo minore di 60° è troppo scomodo anche se il tragitto è più breve, quando il vento si attesta dai 20 nodi in su preferiamo navigare con velatura ridotta (una mano di terzaroli e fiocco olimpico o trinchetta) senza mettere la falchetta in acqua e con uno sbandamento intorno ai 20°, così si può fare il caffè e scendere in quadrato senza ritrovarsi a passeggiare nella stazione orbitale di 2001 odissea nello spazio... già così la velocità propulsiva del Jonathan è 'imbarazzante', mai sotto i nove, dieci nodi: più che sufficiente ;-). Thomas non lo scolli dal timone, lo avvinghia neanche fosse Sharon Stone e sul suo viso è perenne un sorriso di beatitudine come se fosse al cospetto della Madonna di Lourdes, in compenso lavora meglio di Ambrogio.

Il viaggio con lui avrà fine a Leros, dove con suo e nostro sommo dispiacere ci lascia per tornare alla vita di tutti i giorni, sicuri che si porterà un po di Jonathan con se, metaforicamente (infatti controllo che ci siano tutte e due le ruote dei timoni) e speranzosi di averlo ancora con noi; ci salutiamo all'imbarco del traghetto da dove sbarca Ambrogio di ritorno dalle meritate vacanze.
Il paese di Lakki a Leros è veramente 'urendo', costruito da Mussolini , ex 'paese dei manicomi' e piena di italiani charteristi o che lasciano la loro barca qui nei mesi invernali: abbiamo la netta sensazione che da queste parti, in questo periodo, sarà tutto così. Lasciamo Leros per un' altra bella bolina larga fino ad arrivare dopo poche miglia nella vicina Lipsi (37° 17'N - 26° 45'E), ampia baia di una brulla isola sferzata da raffiche notevoli.
Allora diciamola tutta: a noi, personalmente, passare il tempo e le notti dove vengono giù dalle montagne botte da orbi non è che proprio ci faccia impazzire, inoltre l'acqua è fredda e se esci dalla suddetta quando arriva la raffica da 30 nodi hai la sensazione che ti ti investano con una idro pulitrice caricata all'azoto liquido e, per di più, se alle 2 di notte, tra un ululato del vento e un altro, ti passa vicino un traghetto che strombazza neanche fosse allo stadio..beh... vedete voi. Ci sono poi delle meravigliose insenature con acqua cristallina, dove puoi farti tutto uno sbattimento per entrare, ancorare, mettere le cime a terra, aspettare che il sole ti scaldi a sufficienza, fare un bagno, andare a riva per scattare due foto mozzafiato e poi levare baracca e burattini per cercare un altro posto dove si possa passare la notte perché lì 'non fa': entusiasmante, molto vacanziero, avventuroso...ma non per noi pigroni. Senza contare che il Jonah non è certo un catamarano, pesca circa tre metri, ha una lunghezza di quasi sedici e spesso, da queste parti, le tre cartografie a nostra disposizione non ci danno dati che ci permettono di entrare con sicurezza; certo si può fare a vista: uno a prua e uno al timone, oppure in avanscoperta col canotto... mah.. parafrasando il grande Proietti 'a noi non ci piace', non abbiamo abbastanza esperienza, voglia e ci interessa altro.

Da Lipsi facciamo rotta sempre verso l'alto, qui il Meltemi è decisamente poco violento in genere, saltiamo Arki (37° 22'N – 26° 44'E) visto il traffico e le poche possibilità di passarci la notte e proviamo a mettere il naso dentro l'unico posto che ci aggrada a Agathonisi (37° 27'N – 26° 57'E) dove, leggendo il libro di Giacon, si può ancorare in 4/5 metri d'acqua nel centro della laguna o in banchina all'Inglese. Se ci è stato lui con il suo Jancris da 17 metri.... 'peccato signora Longari!' LUI si è ancorato in banchina anzi, nell'unico posto disponibile – ovviamente occupato - visto che l'altro è riservato al traghetto, e nel 'centro della baia' calcolando il brandeggio noi non ci stiamo, con le cime a terra pure, perché il fondo non lo permette...ehehehe..ecco qui, abbiamo capito che queste 'guide ai diportisti' (scritto in quarta di copertina), vanno lette con altri occhi, di Mancini sostitutivi ancora non ne ho trovati. Allora proviamo le altre due cale più a est ma non ci convincono, deciso: si va a Samos (37° 42'N – 27° 02'E), probabilmente il culmine della nostra parabola, da dove poi riprenderà la discesa ardita fino a....
Samos - Baia Poseidon