lunedì 6 ottobre 2014

To be continued....



Mi alzo, comincia il mio ultimo turno di notte. Orione è già la fuori che mi aspetta e combatte la sua perenne guerra contro il Toro, mentre Monica e la luna stanno per andare a dormire. La caffettiera è pronta, faccio un rapido controllo: un punto nave, occhiata al barometro e una battuta radar a 32 miglia per vedere se ci sono nuvolaglie da evitare. Siamo nel canale di Sardegna a poco più di cento miglia dal porto di Cagliari che ci aspetta.



Mi riguardo il cielo, sono triste e contento nello stesso tempo, penso a questi mesi trascorsi: quante miglia, quanti porti, quante persone, da un lato sembra essere stato tutto così breve da poterli tenere in una sola mano, ma poi, quando la memoria scende nel dettaglio dei ricordi ecco che compaiono posti lontani, latitudini e longitudini che solo cinque anni fa non erano neanche nel barlume di una nostra pallidissima idea. Baie piene di tartarughe, isole e paesi così distanti dalle mie origini cittadine.
Un'ora è già trascorsa mentre sono perso nelle mie elucubrazioni, meglio fare un altro controllo, una bordatina alle vele e poi ancora col naso all'insù.



Il vento da sud est che doveva accompagnarci per tutto il viaggio con una brezza dai 15 ai 20 nodi non si è visto per tutto il giorno. Salpati alle 6, un nord ovest insufficiente a gonfiare le vele del Jonathan si fa beffa delle previsioni e alla sera la sua indecisione diventa persino imbarazzante. Mentre noi sappiamo bene dove andare da quando siamo partiti, lui lo decide verso le undici di sera.


Esco in pozzetto, l'anemometro ora segna un sud ovest stabile tra i 12 e i 17 nodi, peccato che se li gode solo lui lassù a 23 metri... prendo quello portatile e in pozzetto fatico a leggere sette nodi, se vogliamo arrivare con la luce il giorno dopo, dobbiamo chiedere un altro po' di aiuto al motore.
Per le quattro ore successive riusciamo a tenere una media di 7 nodi e mezzo e il mare, che era un olio, col sorgere del sole è diventato molesto con onde di un metro e mezzo giusto al traverso, ma in realtà anche lui è confuso e pian piano comincia ad arrivare al lasco con nostra estrema soddisfazione.


Mentre il mare scorre veloce mi riguardo le foto scattate poche ore prima quando un branco di delfini è venuto a giocare sulla nostra prua e al delfino che è rimasto con me, mentre gli altri se ne andavano: un quarto d'ora con lui che, senza sforzo apparente, nuotava a sette, otto nodi di fianco al mascone del Jonathan ed io con la testa fuori dalla battagliola a meno di un metro da lui lo salutavo. Era diventato un gioco: lui si metteva su un fianco a guardarmi ed io agitavo la mano facendo ciao...poi un ultimo respiro e giù verso il fondo, sparendo nel blu. Mi sono sentito per un momento solo, invidiando quella sua leggerezza di corpo e di spirito e quella felicità che trasmetteva solo col fatto di esserci.

Arriviamo nel pomeriggio, stanchi più di testa che nel fisico, sappiamo che per ora è finita e che ci aspettano dei mesi a terra e non certo caldi come quelli passati. Non ci si lamenta, siamo in un posto bellissimo, magari qualche uscita la faremo ancora prima di togliere le vele e le manovre correnti che necessitano di una bella desalinizzata, ma il senso che aleggia è quello: fine del giro in giostra, per ora.


Quest'anno non ho contato le miglia, le baie, le ore motore totali (tanto il tagliando lo si fa comunque), non ho contato né mari né le boline, siamo stati accorti, ma anche fortunati: nessuna burrasca e situazioni pericolose, più consapevoli, più ricchi di esperienza e più ricchi nello spirito, mai sazi e pronti a ripartire, per dove, non lo sappiamo ancora.



domenica 28 settembre 2014

Da Capo Malea a Scilla e Cariddi

Tra sveglie antelucane e miglia inanellate ogni giorno, pian pianello, il Jonathan col suo equipaggio arriva finalmente a dare il giusto tributo a Nestore, a casa sua, nella splendida baia di Navarino ancorati al porto di Pylos.
Passati indenni il capo Malea, non proprio un ragazzo raccomandabile e il suo degno cugino capo Matapan, l'emozione di rimettere le cime là, dove l'anno scorso la Grecia ci aveva accolti arrivando da Siracusa, è forte.


In attesa delle condizioni buone per attraversare, torniamo nella piazza con i platani centenari a sorseggiare il caffè, ci dedichiamo al riposo, sapendo che 330 miglia e lo Ionio ci attendono. 

Facciamo un rapido riassunto di questa traversata, veloce, abbastanza noiosa e guardiamo avanti. Se riusciamo ad arrivare a Catania in tempo volerò a Milano per assistere alla laurea di mia figlia e poi riprenderemo la via del ritorno attraverso lo stretto di Sicilia.

Pochi giorni di attesa e si parte, mattina presto, albeggia, molliamo gli ormeggi dove eravamo incastrati tra un catamarano di 50 piedi ed una carretta del mare, due mondi all'opposto, ci giriamo e usciamo nella baia; si tende il paterazzo, il baby stay, lo strallo di trinchetta, sistematina alle volanti e via. La rotta che seguiremo è confermata dal software di routing che utilizziamo quando facciamo tante miglia in mare aperto, pochi bordi, dovremmo navigare con poco vento tra i 45° e i 60° di 'apparente'.

I effetti è stata un po' noiosa, troppo motore per i nostri gusti, in compenso ci attendono Nunzio e Vito presidente e vicepresidente del circolo nautico Tamata di Catania che, col la rinomata ospitalità siciliana, ci accolgono a braccia aperte come tre anni fa quando portammo il Jonathan da Trieste a Cagliari.


Riesco anche a volare a Milano ad assistere alla laurea di Silvia, non me lo sarei perdonato se non ci fossi riuscito...peccato che dopo sei mesi, essere catapultato nella metropoli per due giorni mi abbia dato uno scompenso fisico/psichico notevole..sembravo un disadattato...mi sentivo tanto Forrest Gump.

Dopo questa parentesi tra aeroporti e metropolitane, ritorno a bordo e ci raggiunge Stefano da Palermo per fare con noi lo stretto.


Chiediamo ai locali che ci consigliano di passarlo o alla mattina presto o di notte, mai di giorno, men che meno di pomeriggio. L'idea di farlo notte ci mette un pochetto d'ansia, ma dai Giardini di Naxos dove facciamo tappa prima di intraprenderlo, telefonando alla capitaneria (gentilissimi e precisi) che ci danno l'ora migliore: essere in 'zona' verso le 6 di mattina.


Si fa a motore, sia perché c'è quasi sempre un grecale che si incanala e sia perché, se dovessimo fare bordi, non arriveremmo mai all'appuntamento della corrente montante che ci aspetta.


Mano a mano che saliamo, le coste si stringono attorno a noi, non c'è quasi traffico di navigli che percorrono la nostra rotta, il radar è comunque indispensabile. Non abbiamo l'AIS (ma lo avremo presto) che sarebbe estremamente utile anche se il nostro radar con l'ARPA (Automatic Radar Plotting Aid, ovvero Radar ad elaborazione automatica dei dati del bersaglio) è di un aiuto notevolissimo.


Arrivati in prossimità di Messina, ci teniamo verso il lato Siciliano che è il più sicuro e cominciano i traghettini e traghettoni a passarci davanti e dietro da destra a sinistra e viceversa. Bel casino, anche perché con tutte le luci, oramai vicinissime delle due coste, è praticamente impossibile distinguere le luci di navigazione dei suddetti... si gioca a vedere se qualcosa si muove rispetto allo sfondo e se ci sono delle 'ombre' che oscurano le luci della costa, il radar fa il massimo, ma i bersagli da tracciare sono tanti, vicini e il tempo di elaborazione non è a volte sufficiente.

Obbligatorio praticamente tenere un VHF sul canale 10 che è quello dedicato al traffico dello stretto.

Passiamo Messina, Villa San Giovanni ci scorre a dritta e il vento cala, la corrente sale. facciamo quasi 9 nodi sui 6,5 segnati al log. Noi, che è la prima volta con cui abbiamo a che fare con il fenomeno delle correnti, rimaniamo incantati.


Non si vede una cippa, luna andata, un po' di foschia... scandagliando col binocolo vedo il pilone di Torre Faro, la torre in disuso della vecchia linea elettrica, completamente al buio che compare davanti alle lenti; sembrava vicinissimo (lontano non era), un po' mi preoccupo e... improvvisamente il Jonathan scarta di 30°  a dritta.


Mi guardano come se fossi stato io, Ambrogio era inserito, e che è stato? L'arcano si svela grazie a Max Terragni che, in seguito, ci chiede: "Avete avuto la prua che scartava mentre prende un gorgo"? Ach...dovevo telefonare anche ad Odisseo oltre che in capitaneria.

Sempre con un mare innaturalmente liscio e che fermenta sopra la corrente, usciamo dallo stretto in un aurea innaturale di foschia, calma piatta e il cielo che comincia a diventare meno nero, tre navi sono in attesa dei piloti per attraversare a loro volta e noi poggiamo a sinistra per Sant'Agata di Militello.


Il giorno dopo arriviamo dove siamo ora: Termini Imerese, dove Elena e Roberto ci accolgono e fanno gli onori di casa. Bel posto e porto molto riparato, ci fermeremo qualche giorno prima dell'ultima tratta: 230 miglia fino a Cagliari, dove, il nostro viaggio, per il momento, si interromperà.


NOTA: Il software di routing è un programma che calcola la rotta ideale a secondo dell'evolversi delle condizioni meteo (basandosi sui file grib) e delle polari della barca (in parole povere: tu gli dici con che andatura la tua barca va meglio ed è più veloce e lui ti calcola la rotta migliore tra angolo del vento/velocità ottenibile), viene usato principalmente in regata, ma a noi fa comodo avere una conferma in più. Poi decidiamo miglia facendo.

martedì 9 settembre 2014

La cavalcata delle Cicladi in Meltemi minore


In questi giorni di miglia su miglia mi ritrovo spesso a pensare e a guardarmi. Sono più a mio agio ora che c'è una meta. Quella che c'era l'anno scorso all'inverso: si torna e lo si fa navigando. Siamo inoltre più a nostro agio mentre navighiamo che ciondolanti tra una baia e l'altra: più è lontana la terra più il senso di sicurezza e la pace aumentano in modo esponenziale.


Guardo il mare che passa veloce sotto la chiglia e sbuffa sul mascone dove, a volte, i delfini vengono a giocare, ammiro i tramonti poco prima di andare in cuccetta e mi godo le albe, la luna e le stelle al mio risveglio. Mai una uguale, mai una meno emozionante. Le albe, poi, sono le nostre preferite perché sono "l'inizio" e non la fine. Mi soffermo ad osservare i paesini dal ponte del Jonathan ancorato distante in baia, i rumori arrivano sommessi, qualche scooter, le luci dei pochi bar sul lungomare dei porticcioli aperti oramai per i locali e i pochi turisti.

Spingo lo sguardo sin dentro le finestre illuminate e cerco di immaginare le persone all'interno, le loro vite, le loro gioie e i loro affanni. Facevo lo stesso col naso appiccicato al finestrino del treno quando arrivavo a Milano Centrale e il terrapieno della ferrovia costeggiava i quartieri della periferia.
Penso al mio passato, dove ero e dove sono: Monica, mare, vento si contrappongono alla città dove è facile perdersi tra stereotipi, finte necessità e dove la vita, troppo spesso, passa accanto senza salutare.
Oggi ci salutiamo ogni giorno.






Settembre, ora di mettere la prua a ovest per riportare a casa il Jonathan ed il suo equipaggio. Ci apprestiamo ad attraversare l'Egeo sfruttando la fortunata situazione meteo che permane in questa zona. Saliti fino a Leros, ci aspettano circa 250 miglia per arrivare a dar fondo sulla costa orientale del Peloponneso.

Levitha, Amorgos, Ios, Milos e poi le settanta miglia fino alla Gibilterra dell'Egeo: Momenvasia.


Non sono poi tante, ma tante sono le isole che si frappongono e non siamo neanche a metà del viaggio. Spiace non potersi fermare in posti così particolari e così difficili da raggiungere durante i mesi canonici delle vacanze; battuti e bastonati dal Meltemi d'estate e assediati dalle burrasche da sud in inverno, ma dobbiamo tornare, persone ci aspettano e noi aspettiamo di vederle, una cagnona ci attende e ci metterà parecchio a perdonarci anche se lo farà....forse..

Vela, motore, vela e motore, tra brezze da nord e qualche da sud ci sfilano le Cicladi. I ritmi sono presi: briefing meteo, rotta, posto di ancoraggio... si salpa col buio e con la luna che in questi giorni è sempre più grande, si vede Orione alle 5 del mattino, il sole sorge tardi oramai. Orione mi rammenta quando da ragazzino appassionato di astronomia, sul balcone di casa nelle sere invernali tra le luci e lo smog di Milano, col binocolo di mio Pà, l'unica costellazione che si vedeva era proprio lei.


Arrivate o no?
















giovedì 4 settembre 2014

L'ultima Turchia

Sicuramente le baie e i dolci venti della costa Turca ci tormenteranno nei ricordi dei prossimi anni, un po' meno i turchi e le loro false città, serberemo i bei momenti passati nelle baie insieme alle tartarughe quando staremo lottando con i venti inclementi dell'inverno.

Da Dacia a Finike non ci siamo lasciati scappare quasi nessuna baia o paesino, abbiamo navigato con amici e da soli e il Jonathan si è proprio divertito intanto che aspetta di essere riportato a casa.

 Posso affermare senza ombra di dubbio che la parte più magica è stata la parte della costa Caria, così lussureggiante e con questi fiordi incredibili dove si perdeva la cognizione dei giorni (quella del tempo l'abbiamo persa già da mò..).

Il 26 agosto lasciamo la baia dove il simpatico e torrido paesino di Selimiye ci ha ospitato per dirigerci verso il porto dell'isola greca Simy che non avevamo


mai visitato: carino, molto turistico e trafficato anche se, oramai, i charter ed i turisti cominciano a scemare. Ci si guarda intorno con la consapevolezza che il paesaggio è già cambiato a poche miglia di distanza; come per l'incantesimo di un mago dispettoso, è comparsa la terra brulla a dispetto dei cipressi e delle conifere.

Cerchiamo di raggiungere Nisiros, ma già il primo benvenuto tra vento sulla prua e onde scoccianti che ci accoglie in acque greche fa si che si opta per un cambio rotta. Non ci sono molti "piani B" e allora, dopo che anche la baia di Knidos ci da il tutto esaurito, optiamo per ancorarci fuori dal caro marina di Kos, alla ruota. 60 miglia non proprio rilassanti, ma dobbiamo salire almeno un po' in latitudine prima di poter agevolmente attraversare l'Egeo.


Tappa irrinunciabile a Pserimos dove l'anno scorso incontrammo Alvaro e la sua compagna e poi relax a Kalymnos dove ci rifugiamo sempre molto volentieri. Il porticciolo di Pothia è proprio molto carino, almeno, a noi piace tanto, la piccola città è oramai solo quasi esclusivamente abitata dai locali, poche le barche e tante feste tra matrimoni e chissà cos'altro. Morale: sino alle due di notte non si dorme, ma si viene coinvolti dalla loro semplice allegria.


La domenica è tutto finalmente chiuso come s'addice a un vero paese, il lunedì la vita riprende e le strade sono trafficate in modo persino oltremisura rispetto alla grandezza del luogo.

Durante i giorni di sosta, Monica ed io, elaboriamo una rotta di massima che ci consenta di tornare a casa sfruttando i venti dominanti che ancora arrivano dal nord, per far questo, come dicevo prima, dobbiamo risalire il Dodecaneso almeno sino a Leros o Patmos in modo che poi la discesa sino a Monemvasia, prima tappa sul Peloponneso, sia agevole.

Racconti di amici in navigazione ci hanno confermato quello che anche sulle carte delle previsioni saltava all'occhio: quest'anno, il Meltemi  non è stato proprio arrabbiatissimo (a meno che tu non vada a cercarlo nei luoghi a lui cari..se la cosa ti diverte...) e ci permetta navigazioni abbastanza rilassanti.
Sappiamo che la suddetta risalita ci attende con un vento contrario e che la quarantina di miglia diventeranno sicuramente ben di più.

Siamo pronti per salpare lunedì primo settembre quando la previsioni ci comunicano che martedì il vento girerà da sud - sud/ovest e poi sud est per un paio di giorni...e allora ci prendiamo una giornata sabbatica in questo angolo tranquillo perché, come dicono i saggi naviganti: se sei di bolina o hai sbagliato rotta o....

venerdì 25 luglio 2014

On an Island

Remember that night
White steps in the moonlight
They walked here too
Through empty playground, this ghosts' town
Childern again, on rusting swing getting higher
Sharing a dream, on an island, it feel right...

Scriveva e cantava così un chitarrista che nel 2006 si fermò a Kastellorizo, rimanendo incantato da questa ultima propaggine del Dodecaneso a 7 chilometri dalla costa Turca. Ci fece pure un album da solista; eh si, il chitarrista di un gruppetto musicale un po' avanti negli anni: I Pink Floyd.




Ho cominciato dal fondo e vado a ritroso: durante le sette miglia che ci separano da Kas a Kastellorizo ero abbastanza scettico: troppe persone me ne avevano decantato la bellezza, l'atmosfera e la magia e, come spesso mi accade, troppe recensioni positive alla fine poi mi creano una aspettativa esagerata e rimango deluso. Quando abbiamo dato ancora nel porto e mi sono potuto guardare intorno...beh... nessuna delusione, anzi..perfino le tartarughe a darci il benvenuto!


Stiamo alla ruota una notte e poi ci mettiamo con la poppa in banchina per un altro paio di giorni, giusto per calarci nella quiete del turismo del luogo: ricco, discreto, che evita la confusione, insomma..non mi sarei stupito di incrociare Gianni Agnelli all'unico supermarket presente che tastava le melanzane.


Famoso per l'Oscar di Salvadores col film Mediterraneo (che ci stiamo rivedendo, ovvio), Kastellorizo ha tristi storie alle spalle di guerra, di emigranti e di povertà. Ora è tutta un fiorire di case colorate, nuove e ristrutturate, pulita e con un profumo di fichi che permea tutti I vicoli; persino I 400 scalini per salire al
Monastero si fanno volentieri (magari non a mezzogiorno): vale solo per la vista anche perché il monastero è in ristrutturazione, così come il museo ospitato nel castello dei Cavalieri di San Giovanni.


In compenso il pesce è 'fresco'...non c'è altro modo di portarlo a tavola se non si esce a pescare...



A Kas ci siamo arrivati ritornati dal nostro lento peregrinare verso nord ovest, quando abbiamo fatto rotta verso sud, anzi sud est lungo la costa Licia. Una bella veleggiata ci permette di partire da Marmaris e far prua direttamente nel golfo di Fethyie: una quarantina di miglia come piace a noi fino a Wall Bay, una delle cale del golfo e ci rendiamo conto che qui, in effetti, ti ci puoi perdere....starci due settimane e ricominciare da capo: un numero considerevole di baie e cale, ristorantini e copertura dai venti dominanti.


Noi, da buoni solitari, evitiamo di usufruire dei moletti dei ristoranti cimentandoci in ormeggi con cime a terra sempre più fantasiosi. La via lattea è la compagna di tutte le nostre notti e, con una bella applicazione sul telefonino, riusciamo ad individuare le costellazioni meno note... che subito si confondono tra la quantità inimmaginabile di stelle presenti e vengono dimenticate sino alla notte successiva.


Una cosa va detta: qui in Turchia le baie...sono baie. Riparate, protette e sicure; inoltre i fondali sono al novanta per cento ottimi tenitori, alcuni con alghe, ma, appena l'ancora fa presa, non la schiodi più. Al limite il problema sono i fondali: 75 metri di catena non sono a volte sufficienti, meglio averne più di un centinaio tra catena e tessile. Dar Fondo in 15 o 20 metri è abbastanza normale.
Tra Fethyie e il paese davanti a Kastellorizo – Kas – c'e solo un posto dove fermarci: Kalkan, nel fondo della baia a cinquanta miglia SE e per arrivarci si passa un tratto abbastanza impengativo con il meltemi: i sette capi che hanno corrente contraria (=mare incasinato) e poi una lunga spiaggia di sabbia con un fondale basso dove il mare si incasina ancora di più. Arriviamo sino a Kalkan con l'idea di metterci in rada, ma quest'anno anche qui il vento non è proprio in linea con le pilot chart e un sud ovest genera una risacca che ci fa ben decidere di 'provare' il porto.

Bene, se qualcuno di voi ha letto il nostro articolo dell'anno scorso “Il gioco dell'ancora” è avvantaggiato, mentre noi, che pensavamo di aver visto il massimo a Kos, rimaniamo basiti quando alle cinque pomeridiane si forma una fila di golette turistiche di tutte le dimensioni che, fregandosene bellamente delle vele ormeggiate sulla sinistra, calano a raffica nastrate di ancore e catene ad una spanna dai nostri musoni. Siamo tranquilli, da qui non ci schioda neanche l'uragano Katrina... Sulla rotta di ritorno ci fermiamo invece in una baia di fianco visto che il vento è da est / nord est, acqua splendida per un paio di bagni prima della risalita di altre 55 miglia fino a Goceck dove dei nostri amici saliranno a bordo per godersi il Jonathan e la vacanza.
p.s. i luoghi citati li potete vedere cliccando sulla mappa.
Un grazie particolare a: Clauido Tilesi, Massimo Vecchietti e Ignazio Accinni per le dritte che ci hanno permesso una navigazione tranquilla e serena.








lunedì 16 giugno 2014

Il Gioco dell'estate 2014

Anche quest'anno vi proponiamo il gioco dell'estate in barca. Dopo il gioco a squadre 'Caccia all'Ancora' è il momento di presentare qualcosa che si può tranquillamente fare in due, quasi un 'solitario'.

Necessario per il gioco: una barca a vela, un equipaggio di due persone, una baia abbastanza stretta e profonda, un set di cime abbastanza lunghe.

Una volta che vi siete procurati il tutto potete iniziare il gioco delle 'Cime a Terra'.

Ce ne sono di due versioni, presenteremo la più semplice e non vi sarà difficile poi passare a quella successiva.

Casella di inizio: individuare il posto dove buttare l'ancora e fare retro, di solito non si azzecca la distanza giusta e A) finisce la catena e bisogna tornare alla casella precedente, B) si gioca la carta delle probabilità passando a quella successiva.

Casella 'Porta Le Cime'. Questa da la possibilità di ottenere diversi punteggi:

Se si è dimenticato di mettere in chiaro le cime dimenticate nel gavone -1
Se il canotto non è stato messo in acqua precedentemente, per cui è ancora rizzato in coperta: -1
Se si decide di raggiungere la riva a nuoto perché oramai la barca comincia ad abbattere: +2

Nel caso che si scelga l'ultima opzione, vivamente sconsigliata a fumatori e a sedentari, si avverte che si può incrementare il punteggio legandosi il capo della cima alla caviglia pensando di essere un rimorchiatore: +3. Questi punti possono essere incassati solo se si raggiunge terra...

Col canotto in acqua si passa la prima cima, fissata alla barca e si rema sino a terra, il motore non si usa perché da 2 punti di penalità e poi si deve sostituire l'elica e la suddetta.

Quando si raggiunge la casella in cui ci si rende conto che a metà strada NON ce la si fa a raggiungere terra perché la cima è troppo corta, si perdono 2 punti e si passa alla fase successiva.
Dalla barca viene giuntata una seconda cima, se neanche con questa riuscite a raggiungere la riva, siete squalificati ed è meglio che andiate nel marina più vicino dotato di trappe e assistenza all'ormeggio.

Mentre state remando con la giunta effettuata, capiterete sicuramente nella casella “NON ce la fate a stendere la cima” che oramai è in acqua per oltre 50 metri ed intanto la barca si è ancora allontanata perché chi è a bordo non da retro per aumentare il livello di difficoltà.

Se, per botta di culo, raggiungete la casella “Attacca la Cima” dovete pescare la carta delle probabilità dove al 99% leggerete: “Il grillo per chiudere la catena intorno al masso vi cadrà in acqua e scomparirà” e a nulla varranno i vostri tentativi a meno che non utilizziate il grillo dell'altra catena che...scomparirà anche quello.

Si prende la carta 'AIUTO': con questa si può urlare una serie di improperi, scomodare qualche santo e recuperare il tutto tornando alla barca senza penalità.

Si carica tutta la cima senza fissarla alla barca, si raggiunge terra e la si fissa a qualcosa che non si muova. Se non c'è, avete il bonus per il club Mediterranè.

Seconda parte: 'Si cerca di riportare la cima alla barca.'

Dalla casella 'Imprevisti' pescate sicuramente la carta “La cima è ingarbugliata di brutto” e avete un tempo limite per sbrogliarla e ri iniziare a remare verso la barca (sempre più lontana).

Ben 5 punti vi verranno tolti quando, mentre mettete in tensione la cima, il nodo di giunzione si scioglie.

Terminata la prima, con la seconda cima si guadagnano pochi punti tranne se questa ha il luogo di fissaggio ben più lontano. Allora i punti aumentano perché le cime da giuntare saranno due e due nodi si scioglieranno, ovviamente in tempi diversi. Si viene squalificati se, per riportarla alla barca, vi aiuterete trainandovi con l'altra cima.

Il gioco finisce quando riuscite a fissare due parabordi di segnalazione alle cime in modo che alla mattina dopo essi saranno scomparsi: - 1 punto se li avvisterete spiaggiati, - 2 se li vedrete legati alle draglie dell'altra barca.

Tutti i punteggi possono essere incrementati nel caso in cui, quando iniziate il gioco, un'altra imbarcazione è già ormeggiata li vicino: più spettatori saranno in coperta a seguire e commentare lo spettacolo più i punti aumenteranno.

Potete, inoltre, giocare l'ultima carta delle Probabilità una volta che avete fissato le cime: “Vediamo come fanno quelli che sono arrivati adesso”. Il punteggio varia a secondo dei commenti che farete dal pozzetto con un aperitivo in mano: 'ma cosa fanno?' 'non si fa così!' 'sono troppo lontani', 'hanno dato poca ancora' 'sarà la loro prima volta' ….

Buon divertimento!

martedì 3 giugno 2014

Qui comincia l'avventura...

E' arrivato il momento in cui, finalmente, molliamo gli ormeggi. Un mese e passa a scalpitare qui in questo marina oramai ci è venuto alla nausea, basta e avanza.

Vista la stagione ancora acerba ci possiamo permettere di fare rotta per visitare le coste a nord est di Marmaris, i venti dal II e III quadrante sono ancora predominanti e ne approfittiamo.


I bello qui è che tutte le baie sono a pochissima distanza, dalle 8 alle 15 miglia, insenature di cui è difficile individuare le entrate che si aprono nell'interno con acque veramente cristalline, non per nulla, parecchie di queste hanno nascosto i pirati che attendevano di piombare su ignare navi dirette ai grandi porti sulla costa.

Abbiamo poco più di un mese, a fine giugno torneremo a Marmaris per fare il controllo finale della tensione del sartiame.

Partiamo già con i corpi sferoidali non saltellanti che vorticano: durante lo stoccaggio invernale, qualche simpaticone si è divertito a fare un taglio su un tubolare del tender con un taglierino.... a poco vale la toppa; comunque perde. I conti li faremo quando torniamo, statene certi, per il momento abbiamo lanciato la maledizione di Alex Drastico.


Primo approdo la baia di Ciflik, ormeggio alla ruota e prime miglia che ci trovano decisamente un pochetto arrugginiti, meno male che abbiamo 10/15 nodi e non 25. Una notte tranquilla, ci sono si charter, ma molto tranquilli e silenziosi per lo più tedeschi. pochi caicchi e pure quelli alle prese con equipaggi privati: i mordi e fuggi giornalieri non sono ancora iniziati.

I ritmi del mare fanno in fretta a tornare, appena fa buio siamo già in cuccetta e all'alba in piedi belli vispi, gli orologi non li usiamo (tranne per il giornale di bordo).


Seguendo quello che è il nostro standard: partire presto, veleggiare e arrivare a destinazione, se le miglia lo permettono, nell'orario in cui chi doveva andarsene è già andato e chi deve arrivare non lo è ancora, ci spostiamo nella bellissima baia di Serge ancorandoci (per la seconda volta nella nostra vita) con cime a terra: operazione che viene svolta quasi da manuale, tranne che vado a nuoto invece di aver preventivamente messo il canotto in acqua...non ho più l'età per queste cose...

Scegliamo il lato lontano da due ristoranti in questa baia dalla forma strana, un acqua mozzafiato e un fondo notevole. Abituati l'anno scorso dove uscivamo sempre sconfitti dai bassi fondali, qui ci sono 5 metri appena fai un passo dalla riva e, guardando sul portolano, la situazione si ripete abbastanza costantemente.

Due giorni nel più completo silenzio, interrotto dal belare di un po' di capre selvatiche e il ragliare di un mulo che verso sera scendono sulla spiaggetta a far due passi. Nessuna luce artificiale, stelle a iosa e naso all'insù.


La baia appena dopo, Buzu Buku, invece, da molto respiro e un forte diroccato fa da guardia all'ingresso di un ampio spazio con tre ristoranti e spazi per mettersi alla ruota. Noi scegliamo la 'botta di vita' ancorandoci al moletto del primo - Alì Babà - che ci avrà come ospiti per due sere servendoci pesce fresco ad un prezzo ragionevole (i 40 ladroni forse hanno il ristorante più avanti): è la prima cena a base di pesce da tempo immemorabile, forse luglio scorso ad Iraklion.


Facciamo conoscenza con Karin e Henrik, svedesi, proprietari di un Ovni nuovo quasi di pacca, ci scambiamo le visite e - finalmente - abbiamo la possibilità di vedere bene questa barca che ci affascina non poco. Loro navigano da tantissimo, prima dell'Ovni avevano una piccola barca con cui si sono sparati zone di mare come Scozia, Danimarca, Norvegia, Regno Unito e Irlanda dove, tra maree, piogge e venti hanno accumulato una bella esperienza per poi scendere fino in Turchia nel loro errare tranquillo. Sono itineranti e, saggiamente, ora che qui viene il supercaldo e il meltemi, se ne tornano un paio di mesetti a casa.

La sera prima di salpare, ordiniamo una pagnotta di pane fatto nel forno del ristorantino.. cosa si vuole di più?


Saltiamo a piè pari il golfo di Yesilova e veleggiamo per una quindicina di miglia fino alla baia di Dirsek nel golfo di Hisaronu: cime a terra e questa volta ci scordiamo il manuale riuscendo un po' fantozzianamente a sistemare i 70 metri a due massi..tra un nodo di giunzione fatto male, un grillo della catena che continua a perdersi in acqua e un paio di nuotate fuori programma, qualche santo in paradiso chiamato in causa e poi.... relax...la prima notte...all'inizio della seconda, il giro di vento previsto, si affaccia all'entrata della baia, accelerando un pochetto.. e i 25/28 nodi ci tengono e tengono svegli gli equipaggi delle altre tre barche in baia, sino a mezzanotte: Santa Rocna fa il suo dovere.

Pensare che aver 75 metri di catena sia normalmente sufficiente è una deduzione errata da queste parti; ne avessimo 120 sarebbe meglio, stiamo valutando di giungere della cima.

La mattina qui ha un che di magico, oltre alle sempre presenti caprette, un profumo di erba, conifere, muschio mi investe appena esco in pozzetto all'alba: sembra di stare in montagna.


La baia di Selimyie, ampia e altrettanto incantevole, ci da la possibilità di rimpinguare la cambusa di frutta e verdura, ci ormeggiamo al micro pontile con solo venti metri di fondo.  E' un paese di agricoltori con una piccola zona turistica. Dalla vecchina che conta sulle mani quanto gli dobbiamo per la spesa comperiamo frutta maturata sugli alberi (avete letto bene... sugli alberi..non nei containers): ci parla in turco e noi rispondiamo in italiano, non ci capiamo assolutamente, ma fa lo stesso: un sorriso e un grazie ci accomiatano da questo personaggio. Degna di nota una pasticceria che ci assicura le colazioni per i prossimi giorni.



Le previsioni danno in arrivo un f7 con raffiche f10... direi che è meglio avvisare Marti Marina, nella baia di Orhaniye, di tenerci il posto per lunedì e intanto diamo fondo praticamente sull'altra sponda del porto in una "location" ancora più alpina. Finito il temporale, appena la brezza viene da terra, anche qui il profumo delle conifere ci investe come un aereosol: spettacolo ancora più apprezzato dopo le brulle isole che lasciammo l'anno scorso.