domenica 1 dicembre 2013

Cemento Turco: Harran e il mistero di GobekliTepe.


La prima sera a Sanliurfa visitando il lago sacro delle carpe col naso per aria, conosciamo Aziz ci avvicina lui, chiedendoci se vogliamo una guida per andare ad Harran e GobekliTepe, ci piace subito quest'uomo con la kefiah curda e ci accordiamo, ci verrà a prendere in hotel di lì a due giorni.
Harran si trova a sud di Urfa, a una decina di km dal confine Siriano, il suo nome significa 'crocevia' o anche 'carovana' nelle antiche lingue semitiche, ed era appunto, una tappa delle vie carovaniere.

Città le cui antichissime origini sono testimoniate dalle rovine delle mura che la circondano di cui rimane solo la porta di Aleppo nominata in cuneiforme in tavolette risalenti al VI V secolo a.C. 


Citata nella bibbia come una tappa di Abramo, qui Crasso fu sconfitto dai Parti nel 54 a.C. e qui è nata la prima università araba. Nel villaggio popolato con continuità fino ad ora, abbiamo visto bambini giocare tra i resti delle mura e le capre gironzolare tranquillamente tra quelle pietre millenarie.

Il sito dell'università babilonese, il minareto osservatorio, tutto è recintato, i lavori di ricerca e scavi sono in corso, facendo scorrere lo sguardo intorno mi chiedo se potranno mai finire.

Tutta questa regione, ogni pietra ogni ansa del terreno comprende le origini della civiltà d'occidente è veramente emozionante essere qui.
Le rovine dell'università mostrano la lontananza dai nostri modelli architettonici, in questo paesaggio simile a null'altro, le curve morbide, i colori, la sostanza dei materiali creano con chiarezza un'immagine d'oriente che credevo perduto e invece mi accoglie caloroso e sorridente.

Ci ripariamo dal sole in un giardino drappeggiato di tende, ai bassi tavoli e panche ricoperte da kilim ci servono la Mira il caffè dell' Anatolia d'oriente un dito d'intruglio amarissimo e speziato.

Ho negli occhi il villaggio ad alveare fatto di trulli di fango, un paio di cammelli a riposo. Allungando lo sguardo all'orizzonte so di guardare il paese che più d'ogni altro avrei desiderato esplorare in lungo e in largo ma che ora è nella terribile trappola dell'idiozia umana.

E cosi riprendiamo l'auto di Aziz, per riattraversare i campi di cotone che circondano Urfa, e raggiungere il poderoso sito di Gobekli Tepe.

Il suo nome significa 'collina panciuta',
è una grande struttura megalitica a base circolare che risale alla fine del Paleolitico, 12.000 anni fa, È il più antico tempio dell’umanità, tra il Tigri e l’Eufrate, nell’alta Mesopotamia, là dove alcune tradizioni collocano il paradiso terrestre.

Per chi in archeologia ha idee ortodosse quindi, qualcosa come 8 mila anni più antico della grande piramide di Khufu. E allora perchè rimane nel silenzio questo bagaglio stupefacente della nostra storia?

Si sale d'altitudine e lasciamo l'auto in un piano da cui si vede tutta la valle, m'incammino al fianco di Aziz tempestandolo di domande ma mi accorgo presto che non sa nulla e sta improvvisando come un gatto sui vetri.

Questo dovrebbe essere periodo buono come clima per gli scavi e mi aspetto di trovare il team di archeologi al lavoro e già con la fantasia intavolo un simposio con loro..... e invece nada! Nessuno, solo un gruppo di operai curdi: stanno costruendo

un'impalcatura per coprire il sito dalle intemperie suppongo, con il risultato di ridurre molto il campo visivo, è assurdo.

In più, gli scavi sono iniziati nel 1994 ormai venti anni scoprendo nemmeno il 5% di quello che davvero c'è lì sotto, posso solo dedurre che non ci sia proprio l'intenzione di riscrivere la storia come questo luogo impone, le implicazioni di questo fatto sono enormi: nulla è più come prima.

Ma questo posto è semplicemente
fantastico, non credo ai miei occhi: in circolo di fronte a me ci sono dei pilastri
a T ricoperti letteralmente di bassorilievi di animali, coccodrilli cani rinoceronti avvoltoi rettili e leoni, sono state ritrovate anche delle sculture a tuttotondo che vedremo in seguito al museo di SanliUrfa
tra queste la rappresentazione umana a grandezza naturale più antica mai trovata sulla terra.

Nulla di quello che vedo qui mi ricorda
o fa riferimento a qualcosa che conosco e lo stesso per le sensazioni che mi sprigiona lo stare qui, sono letteralmente a bocca e ad anima aperta!

Tornando a Urfa, Aziz ci invita a pranzo nel suo ostello, lui e sua moglie sono di un'ospitalità fantastica e la cucina curda altrettanto, restiamo ancora un poco alla sua corte tra i gelsomini, al sole caldo di ottobre bevendo chay, inizio a pensare al monte sacro, Nemrut e a come mettere i piedi nel Eufrate.


Per chi volesse approfondire esiste il testo ufficiale del dott. Klaus Schmidt, l'archeologo che segue questi scavi da vent'anni, esiste anche un doppio cd sempre ufficiale su Gobekli in tedesco e inglese. 
                                                                                                                                                            Monica




venerdì 15 novembre 2013

Mesopotamia parte prima: Sanliurfa



Entrare in Turchia via mare è come una promessa sussurrata, ci vuole coraggio per addentrarsi in questa terra, la sensazione che perdersi è facile, che tornare indietro sarà difficile e non se ne avrà voglia. 
 
E così è stato.
 
Lasciamo il Jonathan a Marmaris.
Meta sud-est, verso il non stato del Kurdistan, dove c'è GobekliTepe sito archeologico, gli esami al carbonio 14 l'hanno collocato in un mondo perduto tra i dodici e i diecimila anni fa, quà vedremo il più antico tempio megalitico a base circolare.
Il confine Turco-Siriano, la Mezzaluna fertile, il Tigri, l'Eufrate, insomma Mesopotamia, la terra dov'è nata l'agricoltura, luoghi che mi scatenano l'immaginazione con un' incomprensibile senso di nostalgia.


Arrivare a Urfa è un'emozione fortissima, perché sai che calpesti la terra dove tutto il nostro conosciuto ha avuto inizio, anche guardando altrove se ne viene contagiati.

L'atmosfera magica che si respira in questa città rapisce l'anima, ci lascia ammutoliti con gli occhi enormi a guardarci intorno.
Ur, Edessa, SanliUrfa, in ordine storico questi i suoi nomi, nella grande pianura dell'alta Mesopotamia la città sacra per le tre religioni monoteistiche, patria nativa di Abramo, è insieme alla Mecca la meta di pellegrinaggio per eccellenza. 

Percorrere le sue strade significa essere catapultati in un presente millenario, la Storia è palpabile in ogni sguardo, in ogni gesto che si incontra. I profumi sono intensi, da ogni angolo un aroma distrae e chiama: cannella, limone, gelsomini, i tanti tabacchi aromatici dei narghilè.


I Muezzin cantano le loro cinque volte al giorno ma nessun vociare riesce a coprire la musica ipnotica che continua ed entra come acqua nella vita quotidiana riempiendo ogni istante senza invadere l'udito:



è la musica dei Dervishi e presto diventa il sottofondo dell'anima.

In queste zone la popolazione è per 95% Curda il restante 5% sono Arabi e Siriani.
Il suo bazar è probabilmente il più caratteristico di tutta l'Anatolia, coperto e non, un percorso labirintico di strade e stradine che danno su improvvise piazzette dove col copricapo lilla e shalvar kordi gli uomini bevono çay.
Le donne ci guardano curiose, con sorrisi smaglianti, quasi tutte a capo coperto in tutti i colori possibili,


i mercanti di foulard sono tantissimi e......fanno affari d'oro!
Qui si può trovare di tutto dall' henné ai jeans dalle pelli appena conciate a un fucile semiautomatico, puoi farti fare barba e capelli dal barbiere o guardare il fabbro che forgia a tutto spiano spiedi da kebap, è un cuore pulsante dove è facilissimo perdersi, in tutti i sensi.

Ma il centro vitale di Sanliurfa è il lago di Abramo con le sue carpe sacre, la grotta in prossimità dell'attuale moschea Mevlid Halil


ove la tradizione vuole sia nato. I bellissimi giardini del Golbasi luogo di pace e bellezza frequentatissimo dai locali dove mille etnie e culture si mescolano come da millenni succede in questo angolo di Medioriente.
A dominare quest'armonia dall'alto c'è un castello bizantino imponente e fascinoso con due colonne corinzie solitarie da qua si gode di un panorama mozzafiato, ci siamo arrivati costeggiando tutto il perimetro del castello, tutta questa zona è abitata le donne ci offrono melograni e i bambini

ci rincorrono “hallo hallo what' s your name? My name is.....” ridono, dobbiamo sembrare ben strani ai loro occhi!

Comincia a prendere forma il progetto di addentrarci ancora di più, la necessità di proseguire questo viaggio si fa sentire con la consapevolezza di esserci ormai già spinti oltre il confine di ciò che in occidente si racconta di questi posti, ho finalmente di nuovo la certezza/conferma della grande truffaTV.

Ma prima dobbiamo visitare Harran, dove Abramo conobbe Sara e il sito dell'università Babilonese, la cittadella e GobekliTepe.......
                                                                                                                                                          Monica

sabato 26 ottobre 2013

L'equipaggio del Jonathan verso la Valle dell'Eden


Si fa fatica a scendere dal Jonathan sapendo che per un po di mesi non ci saliremo più. Ora che ci ha portati si qui a Marmaris, sembra un gesto egoistico e bastardo: "grazie del passaggio, ci vediamo!"
Lui però lo sa e non ce ne vuole, sa che si farà un lifting e che noi torneremo a trovarlo durante l'inverno e, anche se potrebbe benissimo rispondere:"vi ho portati sin qui nonostante tutto e voi mi lasciate così?", si bea della pacca sulla chiglia che gli diamo in senso di commiato senza lamentarsi.



Una settimana abbondante di preparativi per noi e per lui: vele lavate, ripiegate, scotte lavate, tender rimessato, lista di lavori e lavoretti, bagagli preparati alla bell'e meglio con valigie e zainetti acquistate bazar, incontri con i responsabili del cantiere e la completa indecisione di cosa fare dopo..insomma..un bel casino.
Abbiamo ancora una ventina di giorni prima di dover volare verso Cagliari e vagliamo innumerevoli varianti sull'itinerario del nostro percorso di rientro.

Viaggiare insieme al Jonathan significa per noi fare quello che ora stiamo facendo: arrivare e visitare nuovi posti.

Siamo a Marmaris, la Turchia è grande e bella, ma anche le distanze sono ragguardevoli, non si può far tutto e visitare tutto: bisogna scegliere. Di certo vogliamo evitare zone turistiche, ne abbiamo abbastanza tra Grecia, Bodrum e Marmaris, ristoranti accalappiaturisti, Chore trasformate in negozi di souvenirs e Bazar fatti in serie per i 'polli'. L'imbarazzo della scelta tra la L'Anatolia occidentale, l'orientale, la Cappadocia, il Mar Nero, la Tracia...ci mette in seria difficoltà perché ognuna di queste zone meriterebbe, ognuna ha bellezze naturali e storiche notevoli e ognuna è...molto distante. 

Per fortuna gli spostamenti aerei costano poco, anche se sarebbe bello viaggiare con i loro bus, non c'é tempo a sufficienza. Scartata la risalita via macchina fino ad Istanbul, alla fine optiamo per quello che, sotto sotto, ci affascina maggiormente: raggiungere la Valle dell'Eden, vedere le 'origini', visitare posti che sono citati nei testi sacri delle religioni monoteistiche, vedere con i nostri occhi resti che dovranno riscrivere la storia antichi di oltre diecimila anni e, last but not least, conoscere il Kurdistan, il 'non stato' con i suoi abitanti, vedere e toccare quello che studiavamo sui libri di storia: Mesopotamia, Assiri, Babilonesi, il Tigri e l'Eufrate.

...alla via così!

Con calma, perché sarà dura scrivere e trasmettere le sensazioni ed emozioni vissute, gli odori, i suoni, i colori e la vista che difficilmente una macchina fotografica in mano a dei non professionisti, riuscirà a catturare. Questa introduzione basterà per darmi il tempo di mettere insieme le idee e di dare un senso a quello che scriverò prossimamente.

lunedì 23 settembre 2013

Titoli di coda, per ora.


Arrivati, per lo meno il Jonathan è arrivato ed è il momento di tirare esattamente le somme.

Partiti il 3 maggio dal porto di Cagliari, abbiamo navigato per più di duemila miglia e meno di tremila, ci siamo fermati un mese abbondante a Iraklion (Grecia) per il problema già raccontato e utilizzato il generatore per una trentina di ore, il motore per più di 150 ore e meno di 180, più di 100 giorni in acqua, troppi sull'invaso ad Iraklion, un frigo fuori uso ed una batteria motore, quella vecchia, morta. Tutto il resto è stata semplicemente una fantastica ed istruttiva esperienza che conferma quanto la nostra scelta si sposi con i nostri desideri. Ora siamo a Marmaris, Turchia, dove il Jonathan andrà sotto le amorevoli cure della X-Yacht per farsi un 'lifting' e diventare ancora più bello: un sartiame tutto nuovo e altri lavoretti l'attendono.
Ora mancano i ringraziamenti che saranno elencati rigorosamente in ordine sparso, per cui, Il Jonathan Livingston ed il suo equipaggio ringraziano:

  • Hoder Grassi, per il supporto tecnico remoto a 360°.
  • Andrea Piu, per le fantastiche vele.
  • Enza, per l'amore e le cure date a Dharma.
  • Mia mamma, perché la mamma è sempre la mamma.
  • Mio fratello, per essere stato con mamma e papà mentre io ero a zonzo.
  • Giovanni Romiti, tattico e metereologo back end.
  • Jens, X-Yacht Denmark.
  • Ahmet, X-Yacht Turkey.
  • Baron, X-Yacht Turkey.
  • Spyros, per l'amicizia trovata e per tutto l'aiuto disinteressato.
  • Il Minotauro, oramai amico intimo del Jonathan.
  • Grigoris, per la sua competenza e la simpatia.
  • Luca, ex papà del Jonathan, per la sua costante ed inesauribile disponibilità.
  • Fredy Cicogna, supporto strumentazione B&G, cartografia elettronica.
  • Thomas Mari, per la disponibilità, la simpatia e l'aiuto (ringraziamento particolare da parte di Ambrogio).
  • Ambrogio, per averci mantenuto sempre in 'rotta'.
  • Le mie figlie, Silvia e Monica, perché non le vedo da sei mesi.
  • Maurizio Marini, supporto remoto parte elettrica.
  • Giorgio Malinakis, forniture nautiche.
  • Eleonora per la concentrazione tattica durante le traversate.
  • Il gruppo Slow Sail, per il supporto morale, tecnico e le risate.
  • Tutti i nostri amici che ci hanno seguito via internet sul blog e su faccialibro.
  • Rocna: Santa subito.

giovedì 12 settembre 2013

Via col vento


Ma non solo: qui il vento non ha mezze misure o, se le ha, le usa con parsimonia. Per cui si va anche a motore, non troppo, ma fin troppo.
Pitagoreio - Samos
Questa è una mera cronistoria di quel che successe da quando lasciammo Samos, giusto così per non lasciare troppi buchi vuoti e anche per noi che, tra un po di mesi, andremo a rileggere con avidità. Già leggiamo di chi è tornato e di quanto il 'boatleg' sia destabilizzante e lungo a passare, non vogliamo ancora pensarci, ma già stiamo facendo training autogeno e mantra infiniti per sopportare quello che ineluttabilmente succederà.
Lasciamo poco convinti, come dicevo, la bella isola di Samos che abbiamo girato in lungo e in largo salpando dalla nostra baia preferita con prua a sud.
Ci piaceva stare ancorati li, ci è piaciuta l'isola e i suoi paesini, ma è venuto tempo di andare.

Alba in navigazione
Il Jonathan ci trasporta in groppa felice sotto brezze leggere e gentili, siamo ancora in pieno agosto e, purtroppo, un certo traffico ci vieta alcune baie già strapiene delle isolette che incontriamo lungo il tragitto. Fa nulla, scendiamo e finalmente riusciamo a combinare un rande-vouz con un nostro amico in arrivo da quel di Istanbul in una cala a Kalimnos. Luciano. Navigatore e gran pescatore si 'presenta' all'incontro con un bel tonnetto per cena che finirà a far parte di una buonissima pasta, tanto il giorno dopo ne pescherà un altro e poi un altro... solo noi peschiamo solo buste della spesa (vuote). Luciano viene da Roma, gran giro il suo: fino a Istanbul e per la maggior parte in solitaria: complimenti! Leggetevi il suo blog che ne vale la pena.

Pserimos
Spostandoci poi in rada a Pserimos (36°55',49N - 027°09',45E) veniamo raggiunti da Alvaro e la sua compagna Giuliana che, pian pianello, si appropinguano verso un porto per passare l'inverno prossimo. Due belle persone, una barca che è una casetta curata amorevolmente dove loro vivono tutto l'anno; con Alvaro e Giuliana ci incontreremo poi nel porto vecchio di Kos (36°53',71N - 027°17',26E) dove staremo fermi un pò per visitare l'isola che ha alcune parti interessanti come la vecchia città di Pyli, la fortezza dei cavalieri di Rodi e tutto quello che gira intorno a Ippocrate. Lascio a Monica l'addentrarsi in questo col suo prossimo post sul Diario per Nora.

Particolare della fortezza dei Cavalieri di Rodi

Salpiamo da Kos per scendere ancora, non ci fermiamo purtroppo a Nysiros a visitare la caldera col suo cratere per via del vento che in questi giorni fa un po le bizze e per noi non ci sono ripari (nel porto non entriamo). Detto fatto prendiamo una decisione: andiamo in Turchia! Si, senza uno straccio di documento diretti in bocca ai turchi con la speranza di non far la fine di Billy Hayes in 'Fuga di mezzanotte' per un ingresso illecito. La baia scelta è quella di Knidos (36°41'.04N - 027°22'.55E) e qui, scusate, ma il posto merita un accenno un pelo più dettagliato: La baia è un porto naturale, anzi, sono due baie contrapposte usate nell'antichità dai Dorici di cui Knidos era una delle sei città della loro confederazione.

Teatro a Knidos
Molto simile al porto fenicio di Nora in Sardegna (38°59'.26N - 009°00'.89E): due baie per scegliere il posto giusto in base al vento. Knidos è famosa per la statua di Afrodite una delle prime donne, se non la prima, ad essere scolpita 'nuda', per l'astronomo e matematico Eudoxsos, il teatro che si affaccia sulla baia e i natali dati all'architetto Sostratus, che disegnò il faro di Alessandria. Respiriamo a pieni polmoni sperando che un po' di 'scienza' sia rimasta nell'aria e rimiriamo un'acqua talmente cristallina che si vede distintamente il fondo a nove metri e altri 15 di catena adagiata. Non che la terra nelle sua immediate vicinanze sia meno brulla delle isole (con poche eccezioni) fino ad ora visitate, ma fa anche un po impressione il fatto che se da li uno si mette a camminare, piano piano, arriva sino in Cina o Siberia o... a Milano...

Bandiera di cortesia Turca sulla crocetta di dritta e bandiera gialla sulla crocetta di sinistra: andiamo a dormire. Non volendo sfidare la sorte, la mattina rientriamo nei 'ranghi' e approdiamo a Symi, altra brulla e rocciosa isola del Dodecaneso (cit da una guida turistica) con alture a picco sul mare che promettono ululati 'catabatici' da film dell'orrore. Proviamo il porto e ci troviamo in 'coda' per entrare, si, avete letto bene: in coda. Dietrofront e mettiamo in atto il piano 'B': baia di O.Pedi poco più a sud (36°36'.91N - 027°51'.49E). Gran colpo di culo ed ormeggiamo in un prato di barche a vela, catamarani e motoscafi in 'soli' 14 metri d'acqua con fondo pessimo tenitore (significa che l'ancora, anche se ha 'preso', tiene poco), ma va bene perché la notte è prevista tranquilla. Decisione presa all'unanimità due su due: botta di vita al ristorante sulla spiaggia! Non contenti della 'inchiavardata' presa a Samos nei ristorantini sulla spiaggia delle due baie, ce ne prendiamo una terza: DUE antipasti, UN secondo di calamari fritti surgelati, UN litro d'acqua, MEZZO vino sfuso: 20 'euri' a cranio... per addolcire il suppostone ci portano insieme al conto un po di anguria e un grappolo d'uva (cosa normalissima a Creta). Per penitenza il ritorno in barca lo faccio trainando il canotto con i denti....

Symi - una baia...catabatica
Vaaaa bene! La mattina dopo lasciamo il 'cattivo' e strapieno tenitore perché è in arrivo un f7 quatto quatto e di stare svegli a controllare che l'ancora non ari non ci piace, per cui circumnavighiamo (è più lunga la parola dell'isola) Symi per dar ancora nella baia di Panormitis in tempo per accaparrarsi un posto. Il monastero con le sue campane ci accompagnano regalando pace e anche se la baia è zeppa di altri corsi 
ai ripari, la pace regna sovrana. Qui si trova il il gioiello dell'isola: il monastero di Moni Taxiarchi Michail Panormiti meta di pellegrinaggio di tutti i marinai greci in giro per il mondo e dove numerosi pellegrini si riuniscono per il culto dell'Arcangelo Michele che è considerato il protettore dell'isola; interessante il fatto che il campanile finto barocco (1905) è copia della celeberrima torre campanaria turca di Agia Foteini a Smirne.  



 


Due notti qui e poi un salto a Tilos, forse una delle isole più ai margini delle mete usuali. Ci arriviamo con l'intenzione di ormeggiarci al porto S.Antonio nella baia di Plagio a nord dell'isola, ma tiriamo diritti perché sembra di essere nella città fantasma di un film; proseguiamo fino alla grande baia di Eristos (36°25'.81N - 027°20'.86E) a sud ovest dove passiamo la notte. La baia è bella, qualche alberello 'piantato' lungo la spiaggia e tre barche con noi..tutte con doppia ancora...ach.

Panormitis
In effetti il portolano segnala anche qui un pessimo tenitore..ma uffa! Diamo una esagerazione di catena e passiamo la notte sotto la protezione di Santa Rocna. Qui il sole sparisce presto dietro l'alta parete e fa capolino tardi sempre grazie all'altra alta parete, ma noi alle zeroseizerozero siamo già di ritorno a Symi con un mare ed un vento impagabile che ci regala una veleggiata fantastica. Il Jonathan ha bisogno di una profonda dissalata: ce ne è da fare le scorta per tutto l'inverno a discapito del monopolio di stato, ma è sempre più a suo agio con noi e noi con lui. 
 

venerdì 30 agosto 2013

Il gioco della caccia all'ancora




Questo gioco è molto in voga nei porti come quello vecchio di Kos, si gioca tutti insieme, sia barche che motoscafi e contribuisce a far si che tutti si sentano uniti e mettano da parte le ancestrali antipatie. Ha inoltre il vantaggio le 'dimensioni non contino' yacht e barchette partecipano con la stessa chance di vincere, l'altra particolarità divertente risiede nel fatto che i giocatori possano passare da una squadra ad un altra senza che perda di interesse.
Si gioca così: prima di tutto ci si divide in due squadre, ovviamente miste, la prima composta da chi è già ormeggiato chiamata 'GIATO'' e da chi deve ormeggiare chiamata 'DEVE'. Inizio del gioco - Prima manche: verso sera la squadra 'DEVE' si predispone nello specchio d'acqua antistante alle banchine difese dalla squadra 'GIATO' e ronza come un calabrone davanti ai pochi posti liberi; lo spirito di squadra fa si che tutti quelli 'GIATO'' si lancino a prua e comincino a intonare il noto mantra 'allontanatorio' rivolto a chiunque passi con l'ancora a 'penzoloni' pronta per esser calata troppo vicino alla sua catena o presunto punto dove giace tranquilla la propria ancora. Questo mantra, anche noto come 'la sfiga te la prendi tu' viene cantato a bassissima voce nella direzione del proprio vicino (alla faccia dello spirito di squadra...) e suona così "nonquinonquinonquinonquinonquinonquinonqui". Il round raggiunge l'apice quando uno della squadra 'DEVE' si lancia, come nelle ultime yards per la meta decisiva del Superbowl, verso il posto individuato, si gira di culo verso la banchina come il calcio volante di Bruce Lee e cala l'ancora mentre con una retro violenta si imbuca all'ormeggio. A questo punto grida di gioia si alzano dalle prue lontane e accese discussioni se il 'lancio è valido' o no, se l'ancora è sulla propria o su quella del vicino, si animano tra le barche contigue al vincitore.La prima parte del gioco finisce quando tutte le barche della squadra 'DEVE' hanno trovato la loro casella e passano di diritto nella squadra 'GIATO'.

I punteggi: Si contano le 'parole' rivolte dalle prue dei giocatori della squadra 'GIATO'; valgono tutte le lingue, le frasi più comuni pochi punti, molti punti le più creative. Esempio: "Hai buttato l'ancora sulla miaaaaa!" (vale pochissimo) "Neanche gli ormeggiatori dello stretto di Hormuz saprebbero far peggio! (vale medio perché nessuno sa chi sono e perché siano così incapaci) "Aho! Ma perché nun te compri n'ancora galleggiante che fai meno danni?" (vale tanto).
Un coefficiente di punteggio aggiuntivo viene dato a chi corre per più volte dal pozzetto alla prua senza avere infortuni.
Seconda manche: Questa parte vede rimescolarsi i giocatori e ridefinirsi le squadre che cambiano di nome: 'Non salpo' e 'Salpo, ma non ti dico quando'.
Alla mattina si inizia ed il gioco sale di difficoltà perché nessuno sa chi si schiererà da una parte o dall'altra. Si aggiungono strategie di false partenze e giochi di logoramento psicologico da parte della squadra 'Salpo ma non ti dico quando' che costringe i giocatori della squadra avversa ad un pre-allarme costante senza poter scendere a terra. Uno dei trucchetti più in voga è quello di mettere in moto, andare al salpa ancore e ..... tendere un pelino la propria catena, chiudere e spegnere il motore. Questa manovra chiamata anche 'il bastardo' riduce di molto la resistenza psicofisica dei vicini appartenenti all'altra squadra, ma non bisogna abusarne perché esiste una buona percentuale che le maledizioni incrociate vadano a buon fine.

Per cui alla mattina si gioca tutti insieme, nessuno assente a farsi i fatti propri. Si entra nel vivo, dopo una schermaglia di 'parto, non parto' finalmente il primo decide di fare outing e inizia la prima mossa. Altra corsa a prua, mentre una ambulanza di pronto soccorso ortopedico è pronta con una betoniera di gesso in banchina per gli infortunati che non riescono ad arrivare incolumi a prora, il gioco entra nel vivo.
Le prime mosse si svolgono sotto un silenzio di tomba interrotto solo dal rumore della catena che piano piano si riavvolge..clickclickclick..CLAK! Dal silenzio di tomba si passa ad una atmosfera tipo Profondo Rosso... chi sarà la vittima? L'urlo straziante del proprietario della catena 'agganciata' dall'altro concorrente svela il mistero. Tutta la squadra del 'Non Parto' allora si fa unita e inizia la sequenza di consigli 'esperti' dai vari Paul Cayard che si intrecciano in una babele di lingue, facile distinguere le voci più isteriche dalle altre...cosa dicano non è dato sapere, ma comunque è inutile.  Dalle barche più lontane, invece, un borbottio di 'non si fa così, lo dicevo io, ma perché non è andato avanti?, che roba... ora rimane li per un mese, non ce la fa, doveva andare in dietro, ai miei tempi quando si andava a remi.... Siccome è un gioco molto coreografico, ecco che entrano in scena gli acrobati e i Big Jim presenti su ogni barca: meglio del circo! Gente a penzoloni dal pulpito di prua che tenta a mani nude di scavallare una ancora di 200kg dello Yacht da 40 metri dalla sua catenella che lo stesso yacht usa per i tappi dei lavandini, gente calata in acqua con un piede legato ad una drizza e armata di cannelli'acetilene, mimi degni allievi di Marcel Marceau che da prora danno indicazioni a chi è al timone su come fare.... e... finalmente l'urlo: LIBERAAAAAA!




Vince chi rimane incolume e, come nel film Highlander: ne rimarrà uno solo.
Anche per questa manche viene attribuito un punteggio aggiuntivo a chi è il più veloce a scendere a terra e ad attaccare il proprio cavo elettrico e la canna dell'acqua all'utenza lasciata libera sperando di trovarvi del credito residuo, un po come quando da ragazzi schiacciavamo il bottone nelle cabine telefoniche sperando che un gettone rimasto inutilizzato cadesse nelle nostra mani.

domenica 18 agosto 2013

Rotta NE per ora. Il deserto dell'Egeo

Chora Astypalea
Alla fine abbiamo fatto rotta su Astypalea ed è stata la scelta giusta, è bastato aspettare il momento giusto per salire con vento e mare favorevoli, sfatando così il primo dei tanti stereotipi sulla Grecia che vuole la navigazione da Creta sul difficile mare di Karpatos. In mare trovo la pace, le vele


verso Lipsi
del Jonathan piene di vento, i blu ovunque sopra e sotto, è un equilibrio splendido che va col suono dello scafo a fendere le onde veloce macinando miglia su miglia, a volte mi sembra che potrei non fermarmi mai, arrivare dall'altra parte del mondo. Mi sono chiesta perché quest'armonia defluisce appena mi avvicino a terra e viene sostituita
Thomas e moni a spasso per Lakky
da una sorte di ansia, penso a Odisseo e mi sembra di capire perché s'è perso, perché non sapeva più dov'èra. Queste isole sono tutte ugualmente brulle, scogli dove non cresce nulla, una terra dura e desolata e la sua gente sembra aver perso sulla strada del tempo la memoria di se stessa, so che tu
vista dalla Chora
ami moltissimo questi posti, per me non è scoppiato l'amore, non come è successo in Turchia e se penso a baie e spiagge da sogno mi si riempiono gli occhi di verdi foreste rigogliose che per chilometri finiscono sull'oceano, i colori vividi pieni della natura: l'oro nell'anima del sud america. Sono certa di vedere solo l'ombra di ciò che questo paese doveva
Klima Samos
 essere trent'anni fa ma forse siamo tutti più tristi. Comunque Astypalea è decisamente bella e affascinante con una vista mozzafiato dall'alto della Chora tipicamente bianca e azzurra ben diverso dal povero paesino di Lakki a Leros:
immagina un set
La Turchia vista da Samos
cinematografico abbandonato, un film sull'architettura fascista mai finito, molto meglio stare sempre in rada anche perché fino ad ora tutte le isole che abbiamo visitato, i paesi, i villaggi esistono e vivono solo ed esclusivamente in funzione dei turisti anche e soprattutto le più piccole, bisognerà vedere da qui in poi come sarà, ora che agosto finisce e inizieremo a scendere finalmente verso Marmaris.



lunedì 12 agosto 2013

Le discese ardite e le risalite


Dopo la discesa ardita sino al trentacinquesimo parallelo e quasi un mese e mezzo passato a Iraklion, molliamo gli ormeggi per risalire il Dodecanneso togliendoci dalla zona dove il Meltemi imperversa notte e giorno.
Un po di pazienza, come diceva il marinaio vicino a noi, e la finestra per risalire la troverete.
Nel frattempo ci raggiunge Thomas, amico 'virtuale' fino ad ora, ma con ottime referenze da parte di Luciano di Piazza Grande (in navigazione in queste acque proveniente da Istambul), per accompagnarci nei tratti più impegnativi di questo viaggio che, se gira male e le previsioni 'cannano', il piano 'B' richiede 24 ore in mezzo a venti non proprio ragionevoli. Come dice Luigi Ottogalli, “bisogna adeguare la navigazione in base ai propri mezzi e alla propria esperienza”. Il “mezzo” non ha di certo problemi in questo frangente e a noi, una mano in più ci fa molto comodo.
Thomas
Thomas si dimostra un ottimo compagno di viaggio, unico problema è che, se non stiamo attenti, il timone se lo porta persino in cuccetta, ma in compenso Ambrogio (il pilota) ne approfitta per farsi una settimana di sci estivo sullo Stelvio.
Si parte tra qualche vera lacrimuccia salutando gli amici ed un posto che era diventato quasi 'casa' con rotta 040° verso Astipalaia (36° 32'N- 26° 21'E). Contro ogni consiglio degli amici velisti italiani, veterani da oramai tre, otto anni in questi mari, ci fidiamo delle indicazioni dei velisti locali evitando di andare ad est verso Karpathos luogo famoso per i suoi venti poderosi e mari agitati di cui non abbiamo nessuna voglia di fare conoscenza e da cui poi la risalita sarebbe stata ancora più lunga. Si salpa verso le cinque di mattina nella finestra temporale che si è aperta e sperando che ciò che ci avevano paventato dall'Italia (cento miglia di bolina durissima, il Jonathan che si smonta ecc ecc) non si avveri e cosi fu: 100 miglia con vento apparente dai 60 ai 90 gradi, gentile e cordiale; ultime 3 ore a motore...

Non vi sto a raccontare il bello ed il brutto delle isole che abbiamo visitato, ne è pieno il mondo della carta stampata e del web con tutte le possibili e probabili dissertazioni soggettive; di tutte le nostre tappe vale la pena solo di dare una breve descrizione omni comprensiva: parecchio turismo, belle baie battute da raffiche catabatiche che rendono poco rilassante il soggiorno, belle baie rovinate da musica assordante e belle baie e basta.
Da Astipalaia, dove comunque i 25 e rotti nodi in baia si sentivano eccome anche di notte, 'voliamo' a Kalimnsos (36° 56'N- 26° 59'E), ancora più a est ed un po più a nord, poi rotta verso Leros (37° 07'N- 26° 51'E) con un'altra stupenda veleggiata.
Diciamo che a noi piace veleggiare senza stress; risalire il vento con un angolo minore di 60° è troppo scomodo anche se il tragitto è più breve, quando il vento si attesta dai 20 nodi in su preferiamo navigare con velatura ridotta (una mano di terzaroli e fiocco olimpico o trinchetta) senza mettere la falchetta in acqua e con uno sbandamento intorno ai 20°, così si può fare il caffè e scendere in quadrato senza ritrovarsi a passeggiare nella stazione orbitale di 2001 odissea nello spazio... già così la velocità propulsiva del Jonathan è 'imbarazzante', mai sotto i nove, dieci nodi: più che sufficiente ;-). Thomas non lo scolli dal timone, lo avvinghia neanche fosse Sharon Stone e sul suo viso è perenne un sorriso di beatitudine come se fosse al cospetto della Madonna di Lourdes, in compenso lavora meglio di Ambrogio.

Il viaggio con lui avrà fine a Leros, dove con suo e nostro sommo dispiacere ci lascia per tornare alla vita di tutti i giorni, sicuri che si porterà un po di Jonathan con se, metaforicamente (infatti controllo che ci siano tutte e due le ruote dei timoni) e speranzosi di averlo ancora con noi; ci salutiamo all'imbarco del traghetto da dove sbarca Ambrogio di ritorno dalle meritate vacanze.
Il paese di Lakki a Leros è veramente 'urendo', costruito da Mussolini , ex 'paese dei manicomi' e piena di italiani charteristi o che lasciano la loro barca qui nei mesi invernali: abbiamo la netta sensazione che da queste parti, in questo periodo, sarà tutto così. Lasciamo Leros per un' altra bella bolina larga fino ad arrivare dopo poche miglia nella vicina Lipsi (37° 17'N - 26° 45'E), ampia baia di una brulla isola sferzata da raffiche notevoli.
Allora diciamola tutta: a noi, personalmente, passare il tempo e le notti dove vengono giù dalle montagne botte da orbi non è che proprio ci faccia impazzire, inoltre l'acqua è fredda e se esci dalla suddetta quando arriva la raffica da 30 nodi hai la sensazione che ti ti investano con una idro pulitrice caricata all'azoto liquido e, per di più, se alle 2 di notte, tra un ululato del vento e un altro, ti passa vicino un traghetto che strombazza neanche fosse allo stadio..beh... vedete voi. Ci sono poi delle meravigliose insenature con acqua cristallina, dove puoi farti tutto uno sbattimento per entrare, ancorare, mettere le cime a terra, aspettare che il sole ti scaldi a sufficienza, fare un bagno, andare a riva per scattare due foto mozzafiato e poi levare baracca e burattini per cercare un altro posto dove si possa passare la notte perché lì 'non fa': entusiasmante, molto vacanziero, avventuroso...ma non per noi pigroni. Senza contare che il Jonah non è certo un catamarano, pesca circa tre metri, ha una lunghezza di quasi sedici e spesso, da queste parti, le tre cartografie a nostra disposizione non ci danno dati che ci permettono di entrare con sicurezza; certo si può fare a vista: uno a prua e uno al timone, oppure in avanscoperta col canotto... mah.. parafrasando il grande Proietti 'a noi non ci piace', non abbiamo abbastanza esperienza, voglia e ci interessa altro.

Da Lipsi facciamo rotta sempre verso l'alto, qui il Meltemi è decisamente poco violento in genere, saltiamo Arki (37° 22'N – 26° 44'E) visto il traffico e le poche possibilità di passarci la notte e proviamo a mettere il naso dentro l'unico posto che ci aggrada a Agathonisi (37° 27'N – 26° 57'E) dove, leggendo il libro di Giacon, si può ancorare in 4/5 metri d'acqua nel centro della laguna o in banchina all'Inglese. Se ci è stato lui con il suo Jancris da 17 metri.... 'peccato signora Longari!' LUI si è ancorato in banchina anzi, nell'unico posto disponibile – ovviamente occupato - visto che l'altro è riservato al traghetto, e nel 'centro della baia' calcolando il brandeggio noi non ci stiamo, con le cime a terra pure, perché il fondo non lo permette...ehehehe..ecco qui, abbiamo capito che queste 'guide ai diportisti' (scritto in quarta di copertina), vanno lette con altri occhi, di Mancini sostitutivi ancora non ne ho trovati. Allora proviamo le altre due cale più a est ma non ci convincono, deciso: si va a Samos (37° 42'N – 27° 02'E), probabilmente il culmine della nostra parabola, da dove poi riprenderà la discesa ardita fino a....
Samos - Baia Poseidon

giovedì 25 luglio 2013

Una rotta sbagliata

Ci eravamo persi, tutti a correre, ad accumulare miglia per arrivare prima, per farne 'tante' per vedere il più possibile come se dovessimo timbrare il controllo orario di una gara... ci ha pensato il mare, uno scoglio e la meravigliosa gente di Iraklion. Ci hanno riportato nella dimensione nella quale stavamo bene e che, non sò per quale motivo, avevamo lasciato in preda ad ansie e fretta.
La sosta ad Iraklion, dovuta ad uno spiacevole, non grave, ma scocciante incidente, ci ha fatto riflettere sulle motivazioni del nostro voler vivere in barca.
Nessuna fretta, aspettando il vento, conoscere posti e gente. Un luogo non lo conosci se ti fermi due o tre giorni, la gente ti vede solo come un 'turista', mai sarai sincronizzato con la loro lunghezza d'onda. Ad Iraklion neanche dovevamo passarci, al limite una o due notti ed invece... ora che il Jonathan è in acqua già da un pò, ci spiace dover pensare di lasciare questo meraviglioso porto veneziano, questa gente che passa davanti a noi e ci chiede come va, di chi ci lascia una bottiglia in pozzetto senza nessun biglietto e chi ti offre macchina e casa per rifugiarti quando non puoi stare a bordo.

Abbiamo abbattuto il muro, siamo riusciti ad evadere dall'area turistica, siamo insieme a loro, nei loro ristoranti, nei loro bar e nei loro ritmi, nei loro problemi. Divertenti sono le domeniche, sembra che anche i turisti siano scomparsi, non c'è nessuno in giro; il pomeriggio tutti a far la siesta. Il market che si tiene una volta all'anno ci regala sapori degli anni '70, i bar pieni di ragazzi e ragazze 'normali' come non se ne vedono nelle città italiane, non se la tirano, pochi superalcolici e tanta bella gente, il ristorante galleggiante che si ormeggia vicino a noi ci viene anticipato dall'altoparlante del rimorchiatore di Spiros che rieccheggia nel porto col nostro nome..adesso capiamo tante cose.
Il Jonathan salperà da qui a malincuore; abbiamo individuato una finestra temporale di tre giorni e ce ne andremo, ma faremo tutto il possibile per non recidere questo legame.
Salperemo, si, oramai siamo in pieno meltemi e, quest'anno, a detta di chi vive qui il mare per lavoro, è abbastanza cattivello; non cala nenache di notte e ci regala onde importanti nel mare che ci aspetta. Già ne avevamo avuto il sentore nella traversata da Kythira a Creta: 25 nodi e onde da 3 metri, qui è uguale: un fetch notevole alza onde che tutti i testi definiscono le più alte del Mediterraneo e a vederle dai frangiflutti direi che hanno ragione..imbarazzanti. Un velista che ha interpretato bene in nostro stato d'animo ci ha detto: "Avete fretta?" abbiamo aspettato ed ora sembra darci buona per la rotta che vogliamo seguire.


martedì 23 luglio 2013

girovagando l'isola

 Volevo visitare per bene quest'isola, ma non pensavo per un mese intero!




E' bella aspra e sincera, le sue città sono tutte e quattro nella parte nord, come anche i suoi porti, è un isola veneziana, tutto il turismo si concentra sui resti micenei e sulla Serenissima, arabi e turchi sembra non abbiano lasciato nulla anche se dopo un po' ti accorgi che:


 il caffè greco è quello turco, il loro occhio blu portafortuna altro non è che il famoso “occhio di satana” simbolo di Istambul e se capita di accendere la radio, è facile chiedersi da che parte di mare ci si trova!
Dopo la bellissima Chania abbiamo navigato fino a Rethimno, ormeggiati 



nell'unico posto possibile per il Jonah: all'inglese appena sotto il faro rosso dell'entrata ma con acqua ed elettricità.
Da quì abbiamo affittato un auto siamo andati a Matala che ancora oggi vive sulla memoria degli Hippy


che ci andavano agli inizi degli anni'60, tutto qui gira intorno al peace&love è buffo vedere ragazzi di vent'anni atteggiarsi a figli dei fiori quando quasi sicuramente non sanno cosa sia “Sulla Strada” non hanno mai sentito nominare Ginsberg


né tanto meno Ferlinghetti, ma tant'è, il consumismo s'è mangiato pure questa storia.....
A Iraklion ancora oggi l'unico porto/marina è quello veneziano colmo delle barche del posto, bello bellissimo, ma piccolo e impossibile per il Jonathan con il suo



pescaggio importante, c'è un solo posticino dove il fondo è di 3 metri e calcolando le maree è meglio non considerarlo, peccato perchè è la più grande città di Creta e il passaggio di barche a vela potrebbe incrementare l'economia del posto.
In realtà appena fuori



dal porticciolo c'è il grosso bacino commerciale dove attraccano i traghetti le navi da crocera e i cargo e dove sono ormeggiati i due rimorchiatori di Spyros, perpendicolare a quell'ultimo molo ci si può ormeggiare alla turca o all'inglese ci sono tre colonnine per acqua



ed elettricità ma son posti di passaggio e bisogna saperlo perchè non sono segnalati nemmeno sull'Elias. Dal porto partono le mura che proteggevano Iraklion il cui centro è costituito dalla loggia veneziana e la sua piazza con la fontana del Morosini che purtroppo


non è in funzione, ma è incredibile come anche solo due costruzioni siano in grado di farti voltare per cercare il canale......
Il museo va visitato di sicuro, è molto bello e ci sono alcuni pezzi di assoluta perfezione, vasi in cristallo di rocca gioielli oro e pietre da far 



impallidire qualunque gioielliere attuale, mi fa sempre pensare come risultino grossolani i resti romani al confronto di tante altre civiltà più antiche.
Abbiamo ovviamente visitato Festo e Knosso, il fascino è enorme, sopratutto nel rendersi conto che queste popolazioni sono vissute senza aver bisogno di fortificazioni, nulla fa pensare all'uso di armi o alla violenza, mentre tutto di questi posti parla di una raffinatezza estrema di gioco e armonia. Vanno visti ma di mattina presto perché il sole è implacabile altrimenti!
Da Iraklion partono bus per ovunque sull'isola,

sono comodissimi, con uno di questi siamo andati a visitare Agios Nicholaos. Il marina è il più attrezzato e ben tenuto di tutta l'isola, c'è un travel lift e un piccolo cantiere. La cittadina abbraccia il suo cuore che è un laghetto profondo 64 metri, tutt'intorno verdissimo e il ponticello d'accesso spiega 

perchè ci sono ormeggiati solo piccoli natanti. Il museo era chiuso per cui abbiamo passeggiato per la cittadina, moderna e ordinata, ventosissima, con una storia da raccontare all'interno di una casa, una galleria d'arte, entrata gratuita, artista in loco, una donna. Brava, molto brava, mi spiega le sue tecniche io l'ascolto distratta perchè “vedo” i suoi quadri, mi fanno sognare portandomi in un'altra vita, la sensazione di avere un pezzo di puzzle in più, restituisce la coscienza dell'incompleto, e mi ricorda quanta strada devo ancora fare, così arriva il tempo di tornare sul Jonathan e riprendere il viaggio.